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Ho adottato un bimbo in Romania

22 Mar 2021 Adozioni a distanza, I bambini delle fogne

Ho adottato un bimbo in Romania

Odissea di un gesto d’amore.
Buongiorno a tutti.
Sono il padre fortunato di un bambino adottato ormai più di due anni fa. Non sto a raccontarvi il prima. La nostra è stata un’adozione difficile durata tre anni, durante i quali le emozioni hanno spesso preso il sopravvento, ma alla fine siamo riusciti ad adottare questo bambino dalla Romania.
Vediamo per la prima volta Francesco su una fotocopia di una foto spedita via fax, un giorno del mese di aprile del 2000 presso la sede di Roma dell’Associazione a cui ci eravamo rivolti.
Francesco, dicono, è il bambino evidenziato dalla croce, perché fotografato insieme ad un compagno, ed ha un palloncino in mano.
Ci informano che il bimbo è già stato rifiutato da un’altra coppia perché giudicato, sulla base del “curriculum” che lo accompagna un bambino impegnativo, bisognoso di cure e affetto (sfido chiunque a dire il contrario di una creatura abbandonata alla nascita e con anni di istituti alle spalle).
In effetti Francesco anche se così piccolo, ha solo tre anni e mezzo tre dei quali passati in un orfanotrofio statale, ne ha già viste di tutti i colori: abbandonato alla nascita dalla madre nel locale “reparto pediatrico”, di padre sconosciuto, secondo di tre fratelli.
Qualche conseguenza questa “fantastica” genesi e questa esperienza avrà pur lasciato?
Siamo giustamente preoccupati, anche se la direttrice e la psicologa dell’associazione insistono e ci assicurano che di solito i resoconti tendono ad esagerare ed aggravare la situazione reale. Addirittura ci raccontano che in un caso, una bambina rumena giudicata dai medici distrofica, risulterà essere poi perfettamente sana. Questo ci conforta anche se qualche ragionevole dubbio rimane.
Incalzano…dovete decidere nel giro di massimo un paio d’ore se accettare l’adozione o no.
“Il pacco deve essere piazzato!!! Che tristezza”.
Un’ora e mezza per decidere sul nostro futuro e su quello del bambino…no comment.
Noi, un po’ per incoscienza, un po’ perché messi letteralmente alle strette accettiamo e diamo inizio alle pratiche per l’abbinamento.
Certamente non abbiamo la minima l’idea di ciò che ci aspetta!
Da aprile ad ottobre 2000 attendiamo con trepidazione il momento di incontrare e conoscere il nostro bimbo.
L’associazione a cui ci eravamo rivolti che a sede a Roma e che è riconosciuta dal Ministero di Grazia e Giustizia tra quelle abilitate all’adozione internazionale, non ci aveva informato assolutamente della situazione tragica della Romania e dei suoi bambini; il suo ruolo si è limitato solamente alle pratiche, ai documenti per l’adozione e all’assistenza (si fa per dire).
Il tutto per la modica somma di 5.000.000 milioni di lire. Questo per l’associazione italiana!
Per quella in Romania e per le pratiche altri 35.000.000 milioni circa, in contanti e portati sul posto.
Anche se tutto questo è legale è una cosa sconcertante che si arrivi a cifre di questo genere per l’adozione di un bambino. Penso che questo sia un ulteriore abuso nei loro confronti già così pesantemente provati ed in attesa di una famiglia. Attualmente adottare in modo legale un bambino in Moldavia, Romania od in un qualsiasi paese dell’est costa dai 30 ai 40 milioni circa. Cifre che non hanno alcun senso se si pensa che questi bambini in molti casi sono relegati in veri e propri lager ed anche la più povera famiglia italiana sarebbe in grado di allevarli decorosamente, nutrirli ed educarli. Considero pertanto razzismo il dividere le persone che si possono permettere da quelle che non si possono permettere di adottare un figlio! In più è scandaloso che gli stati di provenienza di questi bambini, lucrino sui loro stessi figli per arricchirsi; basti pensare che nel 1999 dalla sola Romania sono stati dati in adozione più di 3.000 bambini per capire quali interessi vi possano essere in gioco.
Ma passiamo alla nostra storia.
Il 18 Ottobre verso le 15,00 arriviamo all’aeroporto di Bucarest e facciamo conoscenza con un’altra coppia di Taranto, li per gli stessi nostri motivi, che affidatasi anche lei alla stessa associazione di Roma, verrà con noi e condividerà il soggiorno e l’esperienza in Romania. Mai come in questo caso il detto “l’unione fa la forza” calzerà a pennello. Nei 9 giorni di permanenza in Romania ci aiuteremo e sosterremo a vicenda superando momenti di crisi molto difficili, nel totale abbandono di chi, pagato profumatamente, avrebbe dovuto assisterci.
Dopo aver posato i bagagli nell’alloggio che ci ospiterà per il soggiorno, partiamo insieme alla coppia di Taranto accompagnati da Katia, presidente dell’Associazione Cuore e referente rumena per l’associazione italiana. Il viaggio ci porterà da Bucarest in macchina per 900 km in quel di Baia Mare, nel nord della Romania, ai confini con l’Ucraina, ad incontrare i nostri bambini.
Durante il viaggio dopo le prime inevitabili curiosità del caso, approfondiamo la conoscenza con Katia che, dopo una breve introduzione all’incontro imminente con i bimbi, ci descrive senza problemi alcune sue attività “collaterali” a quella dell’Associazione Cuore; conosce molto bene gli italiani, specie gli “italiani cacciatori”!. Come secondo lavoro questa persona accompagnava gli italiani che venivano in Romania a cacciare. A cacciare purtroppo non solo animali ma anche selvaggina umana. Katia procurava le ragazze agli italiani che venivano in Romania per turismo sessuale! E se ne vantava pure!!! Pazzesco.
Certo è quantomeno “curioso” che la presidente di una associazione non a scopo di lucro e dedita alla cura e all’adozione dei bambini abbandonati, sia così versatile e s’impegni così intensamente in altri settori che poco anno a spartire con l’impegno sociale, la serietà e la delicatezza di tale compito. Ma noi eravamo lì per il nostro bambino, ci ritenevamo fortunati di averlo trovato, per cui soprassedemmo.
Arrivati a Baia Mare dopo un viaggio allucinante (i nostri bimbi hanno rischiato seriamente di diventare orfani prima ancora di conoscerci) sbrighiamo le pratiche burocratiche del caso. Nel pomeriggio accompagniamo per prima la coppia di Taranto a prendere il loro bambino.
Ora guido io, mentre l’autista, giustamente, si riposa in un hotel. Percorreremmo altri 150/200 km circa fra andata e ritorno. Il momento si avvicina anche per noi. Condividiamo le ansie, le preoccupazioni ed il forte desiderio di incontrare questo bambino con la coppia di Taranto.
Katia fa fermare l’auto a circa 1 km dalla casa dove si trova il bimbo e rivolgendosi alla futura mamma le dice che, per fare più veloce, andrà lei con il futuro papà a prendere il bambino, facendosi passare per lei.
Attimo di sconcerto fra di noi che non capiamo assolutamente il motivo di tale comportamento, figuratevi poi della futura mamma che da anni aspetta questo momento.
Dopo una breve discussione i due futuri genitori hanno la meglio e si avviano con Katia ed una assistente.
Mezz’ora dopo ritorna l’assistente abbastanza sconvolta e salendo in macchina ci invita ad andare anche noi alla casa con l’auto.
Arrivati sul posto assistiamo ad una scena sconvolgente, che sa più di rapimento che di adozione.
Il bambino in questione viveva da circa due anni presso una famiglia del luogo che lo aveva preso in affido, e non in orfanotrofio o casa famiglia.
Ovviamente si era già affezionato ed insieme a lui uscirono la madre e la sorella acquisita strillando e piangendo. Un gruppo di vicini che nel frattempo si era avvicinato alla macchina, cominciò ad urlare parole per noi incomprensibili ma di cui ben intuivamo il significato…noi eravamo quelli che gli portavano via il loro bambino, gli stranieri! Una situazione grottesca.
Ad un certo punto in tutto quel caos pensiamo seriamente che il bimbo sia veramente figlio di quella famiglia e che lo stiamo portando via!!!.
Non vi dico lo shock nostro ma soprattutto dell’altra coppia!!!
Una situazione indescrivibile.
Il bambino non voleva venire con i suoi nuovi genitori, piangeva e si dimenava.
A quel punto per calmarlo la presidente “con un colpo di genio e con la sensibilità che la contraddistinta sin dal primo minuto” disse lui che lo portavamo a fare una gita in città e che poi sarebbe tornato! Una cosa ricordo bene, molto bene … questo bambino durante il viaggio verso Bucarest ha sempre chiesto quando sarebbe tornato indietro, e nella settimana succesiva, non ha mai disfatto la valigia oltre che a dormire vestito perché era sempre pronto per scappare e tornare alla sua casa.
Vorrei sottolineare che in questi casi, le famiglie affidatarie di solito molto povere e modeste, accolgono i bambini anche perché viene dato loro un aiuto in denaro; ciò permette loro di far fronte ad una situazione economica drammatica ma comunque sanno fin dal primo momento che il bambino è destinato all’adozione. Ovviamente per il bambino meglio una famiglia povera che un istituto, ma trovo perlomeno “discutibile” il metodo ed un periodo così lungo di permanenza. Come si fa’ a non affezionarsi vicendevolmente senza creare ulteriori traumi nel bambino!!! Stiamo parlando di un essere vivente e non di un pacco postale.
Riprendiamo la via del ritorno a Baia Mare dove finalmente verrà anche il nostro turno;
il nostro bambino, ci era stato detto, non era in una famiglia ma in un istituto, o casa famigliare, come la chiamano loro. Non ci sarebbe stato il problema del distacco come da una famiglia affidataria. Meno male!
Ritornati a Baia Mare lasciamo in hotel i nostri compagni di viaggio con il loro bambino e ripartiamo per andare a prendere finalmente il nostro.
Francesco si trova presso una “casa famigliare” in Baia Mare e tutto avviene in un breve spazio di tempo, circa 20 minuti. Entriamo e vediamo questo esserino con i capelli tutti in disordine, tutto nudo perché gli avevano appena fatto il bagnetto. Un piccolo animaletto che scalcia, agitato, che non ha la minima idea di quello che gli sta per capitare. La casa, abbastanza decorosa considerando il luogo, è gestita da due assistenti e ci sono molti altri bambini, tutte femmine, lui era l’unico maschio. La situazione diventa imbarazzante e carica di emozione quando alcune bimbe della casa ci accerchiano e cercando di salire in braccio a mia moglie chiedono di essere loro a prendere il posto di Francesco. Sensazioni fortissime e nodo alla gola. Lo vestiamo noi in 10 minuti con gli abiti portati dall’Italia. Le informazioni su di lui sono inesistenti. Abitudini alimentari, giochi o altro…non ci viene detto e spiegato nulla. Ad attenderci anche una psicologa che lo aveva seguito durante l’ultimo anno, continua a parlarmi. Katia traduce solo quello che ritiene opportuno. La psicologa consegna alcuni documenti dove è descritto il tipo di assistenza fatta al nostro bimbo ed i risultati ottenuti. Documenti molto importanti che ci potevano essere utilissimi in Italia. Tali documenti sono però dati alla presidente e non ci verranno mai più consegnati. Ne abbiamo più volte fatto richiesta anche all’Associazione in Italia, ma senza risultato. Una tra le tante risposte avute in proposito è stata: “Voi adesso avete il vostro bimbo, a cosa vi servono questi documenti?”, quasi fosse una colpa richiederli per cercare di ricostruire alcuni frammenti della sua vita! Sigh.
Scopriamo dopo che la foto che ci avevano fatto vedere a suo tempo, era stata proprio scattata in una stanza, adiacente a quella principale, dove vi è anche un televisore. Usciamo con Francesco e la sua “dote”: un libro in inglese con foto di bimbi e un pupazzetto in plastica simile a quelli regalati in certi ovetti tanto famosi in Italia.
Sono circa le sette di sera siamo stravolti, senza pranzo e per di più svegli da ben 48 ore!!!
Francesco comincia a dare i primi segni di nervosismo ed io e mia moglie corriamo per tutto l’Hotel cercando di calmarlo.
Nel frattempo l’autista, l’assistente e Katia si mettono a tavola per mangiare la cena ordinata, dalla stessa il mattino prima, a base di specialità del posto.
Con tutta la buona volontà e la fame che avevamo riusciamo malapena ad assaggiare qualcosa anche perché nel frattempo Francesco ha già rovesciato il caffè addosso ad una signora, rotto due o tre piatti e via dicendo.
Katia dimostrandosi sempre molto comprensiva si arrabbia quasi, infastidita dal fatto che non mangiamo tutto quel ben di Dio, ed insiste almeno perché si faccia un brindisi con del cognac del posto (tanto paghiamo noi!!!)
Ripartiamo per Bucarest ma per la felicità di tutti soprattutto dei bambini, i passeggeri totali diventano 9 su una macchina da 6 posti.
Potete immaginare il caldo, la scomodità e la stanchezza abbinati all’irrequietezza di due bambini che non ci avevano mai visti.
Se il viaggio d’andata era stato allucinante il ritorno oserei definirlo un incubo: urla , pianti, sconforto in un miscuglio di emozioni che è difficile descrivere.
Venerdì mattina arriviamo a Bucarest. Sono circa le 5 e finalmente stremati ci mettiamo a letto con i bambini.
Verso le 9 ci svegliamo e scopriamo che nella cucina c’è il figlio di Katia con il cane che dorme e continuerà a farlo fino alle 11 circa. Con la luce del giorno scopriamo purtroppo anche il nostro alloggio in tutto il suo splendore.
Non che noi si volesse la suite di un Hotel ma perlomeno un minimo di igiene e due divani letto.
L’alloggio e composto da 2 stanze, una cucina ed un bagno: tutto per due famiglie.
Per quanto riguarda la pulizia, la cuccia del mio cane è più pulita e divani letto solo uno.
Oltretutto le lenzuola e le federe disponibili scopriamo essere gia state usate e mai lavate, dalle coppie che ci hanno preceduto.
A Bucarest trascorreremo altri 6 giorni per le ultime pratiche burocratiche!
Sei giorni interminabili lacerati dalle grida di Francesco che la sera non vuole assolutamente addormentarsi e che poi, dopo tre ore, cade sfinito sul pavimento; Francesco che si dondola continuamente, morde, graffia, sputa, mangia tutto ciò che trova per terra, emette suoni simili a dei grugniti e fa dei movimenti stereotipati con le mani e con gli occhi.
Francesco che in quei pochi momenti di calma ha uno sguardo dolcissimo. Due occhi e un sorriso che ti disarmano ma che lasciano intuire quali sono i segni del suo passato.
Da parte nostra l’amore che non ha mai avuto, la pazienza e la delicatezza massima, cercando di capire le sofferenze patite dal bimbo senza però conoscerle; ma anche la paura di non farcela, il sollevarci a vicenda ed il credere e sperare che tutto possa risolversi per il meglio.
Francesco è un “animaletto” impaurito sballottato da un posto all’altro, affidato a due persone che non ha mai visto. Non parla la sua lingua e cammina a malapena. Ha cominciato a camminare a 3 anni. Un giorno si è alzato dal letto, probabilmente perché aveva visto qualcuno camminare. L’imparare a camminare così tardi comporta dei ritardi nello sviluppo complessivo della persona. Il gattonare, camminare, crea delle “associazioni” nel cervello che favoriscono il linguaggio ed altre cose. In più dovrà cambiare stato, lingua, insieme a due sconosciuti. Per lui, bella o brutta che fosse stata la sua situazione fino a quel momento, era anche l’unica che conosceva, e non poteva assolutamente immaginare che l’aspettava qualcosa di meglio. Una famiglia tutta sua.
Il 26 ottobre ripartiamo per l’Italia. Finalmente a casa!
Per la cronaca l’Associazione di Roma non si è mai fatta sentire fosse solo per accertarsi di come fosse andata l’esperienza ed il viaggio. Non una telefonata.
Francamente è abbastanza curioso che prima avessero chiamato più di una volta, nonchè scritto due lettere per avere i soldi e dopo più niente.
Francesco compirà 4 anni 3 giorni dopo il suo arrivo. Inizia la sua nuova vita. Ora già si gira quando lo chiamiamo e dopo 15 giorni dice le sue prime parole in italiano (pappa, mamma, papà).
Continuano però i dondolii ed i movimenti stereotipati specialmente con la mano (sfarfallii). E’ sempre molto aggressivo anche se migliora poco per volta. Ogni tanto senza motivo apparente scoppia in crisi di pianto drammatiche. Chissà quali sono i demoni, le paure e le angosce che si porta dentro e che possiamo solo immaginare ma mai potremmo conoscere?
Inoltre è particolarmente aggressivo nei confronti dei bambini, specie quelli più piccoli, pur essendo sempre stato a contatto con loro.
E’ molto curioso ma alcune cose tipo gli animali, un prato verde, od una macchina gli sono indifferenti, non esistono, quasi non le vede (giusto!!! forse non le ha mai viste).
Non sopporta gli orecchini e li strappa prima ancora che te ne accorgi con il rischio di far male a chi li indossa. Sente l’odore a tutto comprese le persone e riconosce un biscotto se è dolce o salato solo dall’olfatto.
Vista la situazione decidiamo di chiedere aiuto rivolgendoci al Reparto di Neuropsichiatria infantile dell’ospedale di Cuneo, “diretto” dalla Dott.sa Trevisio con cui ci viene fissato un incontro.
Se il buon giorno si vede dal mattino, quello dell’incontro fu un pessimo giorno!
Francesco entra nello studio molto agitato, normale in quel periodo e per un bambino come lui; tocca tutto, apre i cassetti, ecc. I cambiamenti per lui sono un problema e quella è una situazione ed un posto che non aveva mai conosciuto.
La Dott.sa chiede a mia moglie se, se la sente e se è in grado di “guardare” Francesco. Mia moglie risponde che seppur con difficoltà Francesco lo abbiamo tanto desiderato e che poi non è sempre così, ci sono anche momenti in cui inizia a dimostrare affetto, tranquillità, ecc. Aggiunge inoltre che, parlando con altre mamme, ha riscontrato che anche bambini “biologici” e non adottati alle volte sono molto agitati anche più di Francesco e questo ci da coraggio e ci fa ben sperare.
NO! RISPONDE LA DOTT.SA.
LEI QUANTI BAMBINI PENSA ABBIA VISTO NELLA MIA CARRIERA?
PIU’ DI 5.000 E “LUI” E’ IL PEGGIORE!!!
In soli 2 minuti senza conoscere nulla di Francesco la sentenza è emessa. LASCIO A VOI OGNI COMMENTO…
Una cosa è certa, in questi anni ci siamo resi conto che molti dei così detti “specialisti” hanno più problemi dei bambini che devono aiutare e curare. E questo la dice lunga su quanto ci sia ancora da fare in ambito di salute pubblica.
Usciamo esterrefatti come due automi e con il dubbio che quello sia il posto giusto per curare ed aiutare nostro figlio, ma non sappiamo a chi altro rivolgerci.
Francesco dovrà seguire un programma di Psicomotricità e di Logopedia e dal gennaio del 2001 iniziamo questo percorso.
Fortunatamente anche nelle strutture pubbliche si incontrano specialisti con la S maiuscola che lavorano professionalmente e non rincorrono solo la carriera o lo stipendio di fine mese. Questo è il caso della psicomotricista (grazie Patrizia) che ha seguito fino ad oggi Francesco.
La sopra citata Dott.sa non l’abbiamo mai più incontrata per raggiunta età pensionabile (era l’ora).
In questi due anni il reparto è stato sprovvisto di primario (non che fosse una gran perdita) e abbiamo incontrato una volta sola per ogni anno uno psichiatra diverso, “sigh”.
Mai un suggerimento, un programma specifico, un test, una proposta di esami, ecc.
L’unica cosa che sono stati in grado di suggerirci questi “espertoni” e l’acquisto di due metodi da seguire -noi o loro non lo mai capito – (Portage e l’altro non ricordo il nome) costosissimi ed inutili quanto i loro consigli e la loro professionalità.
L’incontro con quello nuovo l’avremo il prossimo 6 novembre. Abbiamo già avuto un breve incontro con lui. Gli abbiamo raccontato, per l’ennesima volta, la nostra storia e lui ci ha detto che parlerà con la psicomotricista e che ci incontreremo successivamente per discutere. Speriamo che almeno lui ci possa dare un aiuto importante!
Da quel 26 ottobre, giorno del nostro rientro in Italia, sono passati quasi due anni.
Due anni che hanno cambiato totalmente la nostra vita e anche quella di Francesco.
Due anni splendidi, intensi e pieni di sorprese ma anche due anni impegnativi e con qualche momento di sconforto; Francesco adesso comincia a dire molte parole e costruisce le sue prime frasi, cammina e corre benissimo, ha perso quasi totalmente l’aggressività iniziale, si dondola sempre di meno e non ha quasi più movimenti stereotipati. Francesco non grugnisce più e non ha più crisi di pianto improvvise.
Francesco ora ha cinque anni e mezzo ma è come se ne avesse tre in meno, ma non importa! ha tutto il tempo per recuperare gli anni che gli hanno rubato.
Arrivato qui in Italia pesava 15 kg e misurava 96 cm d’altezza; ora pesa 19 kg ed è cresciuto di ben 17 cm.
Da un anno frequenta l’asilo solo il mattino ed è seguito da due insegnanti di sostegno. Da poco più di un mese ha iniziato a fermarsi anche per il pranzo. Sicuramente ritarderemo di un anno l’inserimento alla scuola elementare, e forse anche due. Non c’è fretta!
Ovviamente ci sarebbe bisogno di personale più specializzato per casi come questo ma in alcuni casi è già tanto ed importante che ci sia del personale!
Devo ringraziare più di tutti Massimiliano Frassi e la sua Associazione Prometeo, perché sono gli unici e sottolineo gli unici, che ci hanno spiegato ed insegnato alcune cose importanti; a parte il libro di Max “I bambini delle fogne di Bucarest” che per noi è stata una rivelazione incredibile, ci hanno dato conforto parlando con noi, per telefono con le loro collaboratrici. Sono stati gli unici che ci hanno dato sostegno senza chiedere niente in cambio.
Aggiungiamo che è scandaloso che da quasi due anni le adozioni in Romania sono bloccate!
Dicono perché ci sono state coppie fasulle che hanno adottato bambini solo per poi sfruttarli sessualmente o per altri biechi motivi. Ci chiediamo quale è il Tribunale che ha dato loro l’idoneità o chi ha controllato sul territorio (assistenti sociali, ecc) come nel nostro caso, la situazione dopo l’adozione o ancora quale associazione possa essere caduta in un tranello simile, visto che nel nostro caso tra documenti, visite, controlli del tribunale e dei servizi sociali abbiamo avuto Francesco dopo 3 anni!
In questo modo a rimetterci sono solo i bambini che, se non hanno neanche più la speranza di essere adottati, purtroppo hanno il destino segnato; perché la pedofilia e gli abusi in genere non fanno pause, neanche per due anni!

Grazie.

Gianmaria Venturini

Intervento tratto dalla nostra pubblicazione: PEDOFILIA OGGI – Atti dei convegni.